Formazione diretta all’ascolto (affiancamento)

È bene, per meglio intenderci, chiarire che quì non si vuole parlare di quella fase tipica dell’ascolto conosciuta come “accompagnamento”, cioè il seguire le vicende dell’assistito per aiutarlo nel disbrigo degli impegni presi e aiutarlo nelle avversità, bensì vogliamo invece intendere quei momenti che, una persona da poco tempo impegnata nel servizio d’ascolto e che ha ricevuto solo una breve e generica formazione, viene ad essere affiancata (sta al suo fianco) da un altro volontario con maggior esperienza nella speranza che una presa diretta “sul campo” possa essere utile per meglio comprendere la natura del servizio e possa così svolgere il complesso lavoro di ascolto apprendendo durante il susseguirsi delle varie fasi.

Altra interpretazione che è bene chiarire è quella che il periodo di affiancamento riguardi esclusivamente l’apprendimento di aspetti di tecnico-operativi.

Prendere confidenza con le modalità tecniche e gli strumenti operativi non è sicuramente da porre in secondo ordine ma molto più utile è invece la conoscenza e l’approfondimento dei valori  umani.                                                                    Possiamo perciò dire che le conoscenze da acquisire nel periodo di

affiancamento riguardano fatti/problemi  tecnici e fatti e/o problemi della vita.

 

Problemi tecnici : sono quelli affrontabili con una soluzione “oggettiva” che non dipende dalla volontà/decisione delle persone interessate, anzi quasi sempre non dipende dal volere/non volere delle persone o da quello che la stessa persona può ritenere bene o male. Esempi tipici possono essere: compilazione di documenti, conoscenza della funzionalità di una macchina, di un computer, di un

impianto,di un cellulare, di una fotocopiatrice, ecc.

Questo tipo di problemi non dovrebbe coinvolgere chi si presta per partecipare  come nuovo volontario agli ascolti programmati.

 

Problemi di vita : sono quelli che non hanno soluzioni predeterminate perchè dipendono dalla volontà o dalle scelte delle persone. E in questa categoria possiamo inserire i problemi sociali, quelli comportamentali, individuali e collettivi.

 

Dati per risolti, in pieno o nella maggior parte,  i problemi di tipo tecnico restano gli altri, perchè non possiamo, noi, esprimere un giudizio ragionevole su come una persona può sentirsi, in agio o in disagio, soddisfatto o deluso della sua vita e non possiamo non tener conto, nell’ascolto, di ciò che ne pensano e ci dicono i diretti interessati.

Ma allora cosa possiamo fare noi dell’ascolto?  Stiamo a sentire quanto hanno da dirci e poi passiamo oltre ? Da cristiani dobbiamo seguire quanto ci insegna  Madre Chiesa, e quanto l’esperienza della Caritas ci propone e cioè:

  • Apprezzare, di chi ascoltiamo,  l’intelligenza, il sapere, il cuore, i valori delle persone perchè da queste conoscenze può emergere la strada giusta per la crescita dell’individuo.
  • Scorgere, anche quando l’orizzonte si fa oscuro per la presenza di tante pene, la faccia luminosa e positiva che può donare qualche ristoro e speranza per il futuro.
  • La facccia luminosa occorre però cercarla e non aspettarla
  • Agire insieme per sostenerci vicendevolmente in modo da poter imparare gli uni dagli altri.
  • Non aspettare i miracoli ma cogliere e gioire dei piccoli risultati.

E ancora tanto altro, tante particolarità da sviluppare ma è opportuno lasciarle agli esperti, agli specialisti (psicologi, filosofi) di addentrarsi nei pensieri e nei comportamenti degli esseri umani. Noi  cerchiamo di sintetizzare quanto sia utile che i volontari acquisiscano durante l’affiancamento. Partiamo da un principio molto pratico e cioè che un Servizio/Centro d’ascolto  non ha come  compito   quello di risolvere  tutti i problemi ma deve privileggiare l’ascolto come strumento di promozione della persona intervenendo concretamente per quanto sia possibile. Vediamo allora di fissare alcuni punti su cui riflettere:

  • Accogliere le persone con stile di prossimità, valorizzando le relazioni umane.
  • Apprendere ad ascoltare veramente l’altro per arrivare a condividere la sua realtà.
  • Rivolgere l’attenzione alla persona più che al bisogno espresso.
  • Comprendere e condividere sia le difficoltà sia le attese di chi si sente emarginato dalla società.
  • Raccogliere le istanze presentate prestando attenzione agli obiettivi complessivi.
  • Sentire lo stimolo a sensibilizzare la comunità cristiana a vivere uno spirito di comunione condividendo i cammini ascoltati di sofferenza e di esclusione.
  • Scoprire e valorizzare la partecipazione delle forze vive e dei servizi presenti sul territorio (pubblici, privati, ecclesiali) per giungere a nuovi progetti di sostegno per le  persone, ferite dai disagi, a riacquisire la propria indipendenza e dignità.

La fase di affiancamento,essendo vissuta da persona esterna,  può  anche avere un’altra funzione: assumere le impressioni, i commenti, le critiche come  “prima verifica” delle attività  del servizio d’ascolto e dei risultati raggiunti/attesi e cioè :

  • Il servizio d’ascolto sta operando secondo le finalità previste ?
  • Nel servizio si sente la dimensione comunitaria ?
  • Le risorse disponibili e l’abilità dei volontari permettono di affrontare in modo adeguato i problemi che sono presentati ?
  • C’è continuità nel servizio o ci sono momenti vacanti?
  • Quali miglioramenti da suggerire
  • Quali scelte da rivedere

Da sottolineare che la “verifica” è parte integrante di ogni iniziativa di formazione e nel caso nostro servirebbe a valutare le situazioni che si presentano e come devono essere affrontate.